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  • volo acrobatico, foto di Pier Giorgio Bonassin

volo acrobatico: L'acrobazia secondo Tomaso Marzetti- articolo di VFR Aviation di Febbraio


Sono andata a Ravenna presso la scuola di volo Assofly per parlare con Eva Montori e Tomaso Marzetti, i due istruttori acrobatici della scuola di acrobazia più blasonata d'Italia. Eva mi ha parlato del nuovo corso per l"'upset recovery", e Tomaso mi ha raccontato un piccolo pezzo della sua vita. Tomaso Marzetti attualmente è senza dubbio il miglior istruttore ed allenatore acrobatico italiano in attività. qui sotto potrete leggere l'articolo di VFR Aviation di Febbraio

Sono venuta da te Tom perché vorrei parlare di acrobazia, perché avvicinarsi, come avvicinarsi, come imparare. Mi sembri l’istruttore più qualificato. Mi aiuti?

Io non so cosa dirti, perché io ho fatto il brevetto per fare acrobazia. Abitavo vicino all’aeroporto di Lugo. Io sono di Sant’Agata sul Santerno, un paesino li vicino. Il mio babbo faceva il veterinario. Li c’erano le mucche e lui mi portava, era un appassionato di volo. Mi portava all’aeroporto. Lì a quei tempi c’era un Macchi 416, che era un biciclo ex militare della razza del G 46 e facevano acrobazia. E io ahhh…

L’istruttore deve divertirsi un sacco ad insegnare, deve averne il piacere.. Ho 7000 ore di CAP 10, su 13000 totali di attività, ma non è una questione di numeri o di ore. L’acrobazia è come imparare a suonare uno strumento. E’ una cosa sexy. E’ imparare a parlare con l’aeroplano. Devi insegnare alle mani a parlare con la cloche, dalla cloche vanno alle ali e poi caricano gli alettoni. Dentro agli standard, sia il looping, che le altre figure, ogni persona, ogni istruttore le sente in modo diverso. E’ un piacere, è il godimento di parlare con l’aria, di sentirti l’aria addosso, e allora se tu hai passione, gli altri si appassionano. Solo così si appassionano.

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Il tuo maestro chi è stato?

Silvio Bellei.

Quello che volava a Sassuolo?

Era quello che volava a Sassuolo alla fine, ma all’inizio volava all’Aeroclub di Modena, a Marzaglia, volava sullo zlin 526. Gli istruttori acrobatici non esistevano a quei tempi, quindi tu andavi dai piloti bravi, e Silvio Bellei è quello che mi ha insegnato a fare acrobazia. Tutte le volte che andavo a Sassuolo, dopo, alla fine, quando aveva solo il monoposto, mi obbligava a volare con il suo aeroplano. Mi diceva “dai che voglio vedere il mio aeroplano.”

Il primo looping rovescio l’ho fatto con lui. Ero certo di morire. Ero certo di lasciarci le penne, perché sono un timoroso io quando non conosco le cose. Non sono… Credo di avere un buon istinto di sopravvivenza.. ma questo signore, molto più grande di me, mi diceva “ma no, guarda che non ci sono problemi.” E io gli dicevo, “ma guarda che mi sembra che mi scoppi la faccia in volo rovescio… “

Poi sei stato un atleta e un pilota da air show. La tua più grande soddisfazione tra gare e air show quale è stata?

E’ stato nell’86, quando io ho inventato la capriola. Quella li non la sapeva fare nessuno. Li c’è l’articolino, l’hai mai visto? (punta a un articolo di una rivista incorniciato sulla bacheca. L’articolo che attribuisce a Tomaso la paternità della figura della capriola) John Harper l’ha scritto. E’ stato nell’86, ma l’articolo poi l’hanno scritto dopo, nell’87.

Andai in volo a fare il volo prova al campionato del mondo e io avevo inventato questo tipo di rotolamento, la capriola. Prima c’erano solo le lomcevak. Io ho fatto il mio volo prova… e poi alla fine ho fatto tre capriole. Sono sceso e avevo tutti, i francesi, tutti , sono venuti a chiedermi “come hai fatto a fare quella cosa li? Sembra la lomcevak e invece no”, è l’aeroplano che ruzzola avanti e indietro.

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Quello è stato un piacere, perché io quando mi allenavo per fare i voli di gara, avevo sempre qualcuno che mi guardava. Quindi avevo il mio target: il sacrificio di fare il volo di allenamento per la gara, ma dopo, negli ultimi cinque minuti, avevo il premio di fare quello che volevo. Mi è sempre piaciuto ascoltare l’aeroplano. Quando ho iniziato a scoprire che c’era un bel giroscopio davanti all’aeroplano, dove gli alettoni, come gli altri comandi, servivano ad innescarlo, e poi lui faceva altre cose…. È stata una favola quella. Poi la capriola è diventata una delle manovre più apprezzate e inflazionate, ma nell’86 nessuno la faceva. C’era Besenyei che era giovane e faceva delle belle robe. Probabilmente anche lui era un amante di ascoltare l’aeroplano e vedere cosa faceva.

Con che aeroplano eri?

Con l’AK, il CAP 21. Non ho mai spaccato niente, tranne il castello motore. Il castello motore faceva 70/80 ore poi bisognava cambiarlo. Ma per il resto mai spaccato niente, mai overgizzato, mai rotto niente di niente. Il cap 21 aveva l’elica di metallo bella pesante e aveva un giroscopio della madonna, poi dopo se la facevi girare a 2800 ti prendeva e ti faceva girare come non so cosa.

Ma tu hai mai preso paura, uno spavento vero?

Una volta, una sola, qui a Ravenna, e se n’è accorto il mio caro amico e concorrente Dallan. In air show ho fatto un 360 negativo (una virata di 360° da rovescio) basso, ovviamente sopra la pista, a 50 metri circa. E normalmente uscivo da questa virata 360 negativo con ¾ di frullino negativo. Quella volta invece ne ho fatto uno e mezzo, e ho continuato e mi son fermato rovescio. Ma per fermare la rotazione, che sei con la cloche in avanti, devi tirarla verso il basso. Ma c’era la pista. E l’aereo non volava, e dei 50 metri ne ho persi 20. E mi son salvato la vita. Li ho detto “ok”.

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Sono cose da cui si impara?

Si certo, se sopravvivi si. Non è mai successo altre volte. Quella è stata l’unica lezione di quel tipo, a parte un trasferimento, quando ho portato il cap 21 nuovo di zecca da Roma a Lugo. Ho pianto in aeroplano. Ho detto “muoio, stavolta muoio”. C’era brutto tempo. Sai, si andava così, cartina, autostrada… sono arrivato dopo Orvieto e pioveva, pioveva tantissimo. E poi si è abbassato il cieling. Mi giro indietro, chiamo l’Urbe e dietro era blu… c’era un’acqua tale che sarei andato in un campo, ovunque, ma no ce n’erano. Sai che il Cap 21 ha due vetrini sotto. Io guardavo le luci delle macchine dai vetrini per seguire l’autostrada, perché non vedevo davanti. Con i goccioloni dagli occhi, pensavo alla mia bambina. Poi sono arrivato e ho guardato in alto e ho detto “non mi hai preso questa volta!”

Infatti in navigazione sia io che Eva siamo in perfetta sintonia.. quando non ci sono le condizioni, non si va. Punto.

La tua più grande soddisfazione come istruttore invece?

Mmmm ma vuoi dei nomi?

Non necessariamente.

Non lo so. E’ una soddisfazione continuata, perché ogni volta che mollo sul mio aeroplanino a qualcuno, e le cose che gli ho insegnato va su e le fa, è una soddisfazione continua. Non ce n’è una che non arriverà più, se no mi sarei già stufato di fare questo lavoro. E’ un piacere ogni volta che riesci a trasmettere, che riesci a fare godere qualcun altro per il fatto di far stare per aria

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E quindi uno che vuole venire a fare un giro, tu lo porteresti anche a fare un giro solo per provare?

Si si sicuramente. Io quando vengono qui e vogliono fare un volo anche solo turistico, gli faccio sempre tenere le mani sui comandi, sempre. Gli dico dove guardare, gli faccio prendere la velocità giusta. E’ sempre una lezione di volo, anche perché ’aeroplano acrobatico è capacissimo di andare dritto, se vedo che le cose non funzionano. Finchè gli occhi non sono dove dico io, non parto per una figura, perché altrimenti non capiscono cosa stia succedendo… Altrimenti è meglio che vadano a Mirabilandia, ci sono le giostre qui vicino...

Ma quindi che caratteristiche deve avere un pilota bravo? Sono tutte cose che si possono imparare o…

Ti deve piacere. Ci vuole anche una dote, come giocare a tennis o suonare. Se a uno piace un sacco, diventa abbastanza bravo. Poi se ha un po’ di dote, diventa più bravo degli altri. Però il fattore manico e sensibilità è legato al piacere dell’acrobazia. Se a uno non piace non c’è possibilità. Impara, ma..

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E come si fa a distinguere quelli che sono bravi da quelli che non lo saranno mai? Tu li riesci a riconoscere subito?

No, subito no. Ci vuole un po’. Si capisce dal tipo di apprendimento, e poi guardi e vedi se si divertono. Siamo sempre li. Il divertimento. Quando vengono e hanno già delle idee in testa, e dicono “io voglio imparare questo ,questo, e quest’altro” e vedi che non si divertono, ma tribolano a fare queste cose, imparano poco perché se lo impongono. Invece poi vedi quelli che si divertono, che si divertono un sacco a volteggiare.

E se uno ha paura, la paura si può superare?

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Si Si, io sono uno specialista per quello. Mi autovaluto, perché tutti quelli che vengono e si terrorizzano all’idea, vanno via e mi fanno i complimenti. Mi dicono: “È incredibile la sicurezza che dai sull’aeroplano.” Gli allievi sono come dei cani da tartufo, annusano l’istruttore. Se l’istruttore ha un minimo di odorino di paura, gli allievi ti conoscono da qui a la, e allora la cosa non va. Ti vedono, ti ascoltano.. perché stanno imparando, ma vicino hanno il loro inconscio. Siamo degli umani. Se l’istruttore ha un minimo di insicurezza o vuol far vedere una cosa che non è tanto capace di fare, gli allievi lo sentono. Io ricordo molto bene. Volavo già nel monoposto e avevo circa 500 ore e facevo le gare di volo acrobatico solo. Quando insegnavo la vite non ero a casa come adesso, come da 20 anni a questa parte.

Ci sono sempre stato molto attento, all’insegnamento e a quello che posso fare in sicurezza e a quello che posso far vedere in sicurezza. Poi l’istruttore devi essere bravo e sapere quando portare in volo gli allievi. Quando hai le persone nuove, se si vede poco, non c’è orizzonte o c’è turbolenza, non bisogna portarli. La prima volta è fondamentale.

E il fattore fisico- la resistenza ai G?

Nello te lo ricordi? (Nello Capelli era un allievo di Tomaso, un ferroviere in pensione. Ha vinto il campionato italiano in cat. Intermedia qualche anno fa). Lui era una persona molto delicata. Quando ha iniziato mi ha detto “io lo vorrei fare, ma io sto male”. All’inizio facevamo voli da 10 minuti, 11 minuti. In 8 missioni era già a più del doppio della resistenza.

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Ma lo vedo io stesso: l’istruttore l’allievo lo maltratta. Se vado in ferie e torno dopo 10 giorni, se vado con quelli bravi, quelli che hanno una mano felice, non c’è problema. Ma se vado su con gli animalotti, dico “alt, fermati che ti vomito in faccia”. Poi mi va via subito, perché sono abituato. Quindi ognuno di noi è fatto a modo suo. Ci sono persone che hanno i giroscopi d’acciaio, e persone che hanno i giroscopi con i cuscinetti un po’ più delicati. Ma è questione di abitudine, la resistenza si può aumentare senza problemi.

E la competizione in che modo cambia il modo di volare?

E’ come la musica. Fai l’abilitazione acrobatica e hai imparato a suonare le note. Poi la competizione ti perfeziona. Il programma della competizione è come uno spartito musicale: impari a non fare solo un suono dietro l’altro, non sono più solo le note, impari a fare la musica.

Dei piloti che vanno ad allenarsi all’estero cosa mi dici?

Guarda i risultati, leggi le classifiche. Niente altro.

E quindi se ti chiedessi di dare un consiglio a uno che si vuole avvicinare al mondo del volo acrobatico?

Gli consiglierei di venire da me che sono il più bravo.

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